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La birra

bier

Di origine antichissima, può costituire un'ottima alternativa al vino e ad altre bevande alcoliche, ma attenzione a non eccedere.
La birra è una delle bevande alcoliche più antiche: la sua preparazione era infatti nota già più di 6000 anni fa, come testimoniano alcuni reperti archeologici. Scoperta probabilmente per caso dalla fermentazione naturale di sostanze amidacee (cereali), originariamente era piuttosto simile al vino, di sapore essenzialmente acidulo, anziché amarognolo, poiché si ignorava l'esistenza di sostanze amaricanti come il luppolo. Prodotta principalmente da succo di orzo e farro, spontaneamente inacidito, era una bevanda molto apprezzata e diffusa presso gli Egiziani, tanto da rappresentare, insieme al pane e cipolla, il salario degli operai che lavoravano alle piramidi. Conosciuta anche dai popoli della Mesopotamia del terzo millennio avanti Cristo, si diffuse ampiamente in Germania, in Inghilterra e nella Gallia (antica Francia), mentre ebbe scarso successo presso i Greci e i Romani, che preferivano il vino.
La scoperta del luppolo e la sua utilizzazione nella aromatizzazione della primitiva bevanda risale al Medioevo ed è attribuita ai Finni; in seguito la coltivazione del luppolo si diffuse ampiamente nell'Europa del nord (XI-XIV secolo). La produzione di birra mantenne un carattere artigianale fino alla seconda metà del 1600, cioè fino a quando il miglioramento delle tecniche produttive non consentì di ottenere un prodotto con buone proprietà di conservazione, tale da poter essere distribuito ovunque; sorsero allora le prime fabbriche. Londra fu famosa per le sue birrerie: la Samuel Whitbread già nel 1709 aveva undici fabbriche che coprivano la domanda di 1/3 della metropoli! I birrai inglesi crearono un mercato nazionale e svilupparono anche una cospicua corrente di esportazione sia verso Oriente sia verso il Baltico e l'Occidente.
Come risultato della colonizzazione inglese, anche in America si diffusero le birrerie; nel 1873 circa 4000 fabbriche producevano 14 milioni di ettolitri di birra. Settant'anni più tardi la produzione della birra divenne 8 volte maggiore; le innovazioni tecnologiche e le scoperte scientifiche sui meccanismi delle fermentazioni contribuirono in modo decisivo a questa evoluzione.
Attualmente la birra è la bevanda
più diffusa nel mondo; la sua produzione, polverizzata in numerose industrie localizzate in ogni Paese, è pari a circa 700 milioni di ettolitri annui, con punte massime di consumo nella Germania occidentale e in Austria.

Tecnologia di produzione - La birra è, per definizione, il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica (resa possibile dalla presenza di Saccaromyces carlsbergensis e di Saccaromyces cerevisiae) di mosti d'orzo ai quali si è aggiunto il luppolo, sostanza aromatica dal sapore amaro.
Gli ingredienti fondamentali sono quindi l'orzo, che viene trasformato in malto sottoponendolo a germinazione ed essiccamento, l'acqua, il luppolo e lieviti selezionati.
Dopo la preliminare cernita e pulitura, l'orzo (o la miscela di cereali impiegata), viene immersa in vasche piene di acqua di bassa durezza, alla temperatura di 10°-15°C per due o tre giorni finché raggiunge un'umidità pari al 43-45%. A questo punto le cariossidi vengono stratificate su corsie con griglia sul fondo e rivoltate con pale meccaniche, o sistemate in tamburi rotanti dalle pareti forate dove vengono continuamente rimosse e arieggiate, per favorire l'eliminazione dell'anidride carbonica svolta e regolare l'umidità; in questa fase, della durata di 5-12 giorni, le cariossidi germinano ed emettono la radichetta, mentre anche l'embrione inizia la sua vita vegetativa pur senza spuntare dal seme. L'elemento fondamentale ai fini della produzione della birra è la formazione, in questa fase, di diastasi, enzimi che trasformeranno l'amido delle cariossidi in zuccheri fermentescibili.
Quando la radichetta ha raggiunto una lunghezza pari a due volte quella del seme, l'orzo viene essiccato in essiccatori ad aria calda, prima in modo graduale, poi rapidamente fino ad elevare la temperatura a 85°-90°C e a ridurre l'umidità del seme al 2-3%. In relazione all'intensità e grado di riscaldamento
(torrefazione) si verifica una caramellizzazione degli zuccheri più o meno intensa e la formazione di melanoidi, prodotti di condensazione degli zuccheri con sostanze proteiche, che differenziano i malti chiari dagli scuri. La torrefazione è indispensabile per arrestare lo sviluppo del germe ed essiccare la radichetta che può così essere facilmente allontanata. Le cariossidi, liberate dalle radichette'e ridotte a sfarinato in appositi molini a cilindri, danno luogo al malto, che rappresenta il 75% in peso dell'orzo messo a germinare. La saccarificazione, cioè la trasformazione dell'amido in zuccheri (maltosio) ad opera delle diastasi, si pratica generalmente per decozione, sistema che consiste nel miscelare il malto con acqua a 30°C e nel riscaldare fino all'ebollizione porzioni crescenti di liquido, in modo da portare l'intera massa alla temperatura di 63°-65°C, ottimale per l'attività enzimatica e che deve essere mantenuta costante per 6-12 ore.
Separato dagli involucri delle cariossidi e dalle sostanze coagulate (trebbie) per filtrazione, il liquido ottenuto, chiamato mosto, viene sottoposto a cottura e finalmente aromatizzato con il luppolo, infiorescenza femminile di una pianta rampicante (Humulus lupulus) i cui corimbi contengono diverse sostanze aromatiche (umulone e luppolone, che conferiscono il tipico aroma alla birra) e i tannini, che provocano la precipitazione delle albumine nel mosto. Il luppolo viene aggiunto al mosto in ragione di 150-600 g per ettolitro in due momenti successivi, due terzi circa a metà cottura e un terzo a fine cottura, per consentire la solubilizzazione dei componenti ed evitare, nel contempo, che i composti aromatici siano eliminati dal riscaldamento prolungato. La cottura richiede dalle 3 alle 6 ore. Il mosto aromatizzato e raffreddato, filtrato per allontanare il luppolo e le sostanze precipitate, è pronto per la fase essenziale del processo: la fermentazione. Essa consiste nella trasformazione dello zucchero in alcol e anidride carbonica; in parallelo hanno luogo altre reazioni secondarie come la metabolizzazione delle sostanze azotate e la formazione di alcol superiori degli aminoacidi che contribuiscono alla formazione dell'aroma della birra.
La fase di fermentazione si svolge più o meno rapidamente in relazione al tipo di lievito utilizzato. Nella produzione industriale di birra si usano due tipi di lieviti: stipiti della specie S.carlsbergensis che richiedono temperature di 5°-8°C e 7-10 giorni per fermentare completamente gli zuccheri (definiti lieviti bassi poiché alla fine del processo decantano sul fondo della vasca di fermentazione in flocculi), e stipiti della specie S. cerevisiae con rapida temperatura ottimale di 14°-16°C, che alla fine della fermentazione (5-6 giorni) si raccolgono alla superficie del liquido in uno strato schiumoso e sono detti lieviti alti. I lieviti bassi sono utilizzati per la produzione di birre chiare a bassa gradazione alcolica come la birra di Pilsen, di Dortmund, di Vienna e altre birre con il 2-3% di alcol e l'8,07-10,63% di estratto, utilizzate per il taglio di birre leggere.
I lieviti alti sono tradizionalmente impiegati nei Paesi anglosassoni e in alcune regioni europee per la produzione di birre chiare e scure a più elevata gradazione alcolica come la Porter (scura), la Stant (chiara), la Ale, la Mumme e altre birre prodotte con malto dì cereali diversi, come la Hannover, la Lipsia e la birra dì Gratz.
Terminata la fermentazione, la birra viene travasata in botti di legno completamente riempite e saturate dì anidride carbonica prodotta dalla fermentazione, in cui avviene la cosiddetta "fermentazione secondaria", che consìste nella completa trasformazione degli zuccheri residui e in una serie di reazioni secondarie dì cui si è precedentemente trattato. La fermentazione secondaria richiede almeno 2-3 mesi a 0°C per i lieviti bassi e circa 15-20 giorni a 10°C per i lieviti alti. La birra stagionata viene chiarificata per filtrazione o centrifugazione prima di essere destinata alla vendita.

Commercializzazione - La commercializzazione è generalmente effettuata in bottiglie di vetro scuro, per evitare eventuali alterazioni ossidative del prodotto per effetto della luce, o in contenitori di latta. Piuttosto frequente è tuttavia la vendita di birra "alla spina", cioè direttamente prelevata dai fusti in legno o alluminio in cui ha completato la propria maturazione.
Per la particolare composizione chimica e per la mancanza di acidi organici capaci di impedire la proliferazione di batteri, la birra richiede scrupolose precauzioni igieniche nella preparazione ed è comunque facilmente soggetta, nel corso della conservazione, ad alterazioni dovute alla presenza di lieviti "selvaggi" (sarcina) o batteri contaminanti (acetici o lattici), tali da rendere a volte necessaria la pastorizzazione. Il trattamento termico può essere applicato al prodotto già imbottigliato, che viene trattato a 60°C per 20 minuti: alternativamente sì pratica l'imbottigliamento a caldo del prodotto pastorizzato a 70°C per 30 secondi.

Caratteristiche merceologiche - Le caratteristiche organolettiche della birra, come anche la sua composizione chimica, differiscono in relazione al tipo di fermentazione adottata e alla composizione quanti-qualitativa del macinato utilizzato; in generale, comunque, una birra di buona qualità deve presentarsi di aspetto limpido e brillante, con gradevole aroma di luppolo e malto più o meno pronunciato a seconda del tipo di birra (chiara o scura), di colore variabile dal giallo chiaro al bruno in relazione al contenuto in caramello (che dipende a sua volta dal grado di torrefazione del malto), dal gusto amarognolo o dolciastro per il rispettivo prevalere delle resine del luppolo o degli zuccheri residui e infine, al momento del travaso, deve formare in superficie una schiuma densa, persistente e voluminosa. Per quanto riguarda la composizione, il tenore in alcol varia in media dal 2% al 6% in peso e in alcuni tipi di birra raggiunge anche il 9%: il contenuto in estratto è mediamente compreso tra il 3% e l'8%: nelle birre particolarmente leggere non arriva al 3%, in quelle forti supera addirittura il 10%. Sulle confezioni tuttavia il grado alcolico non è espresso come tale, ma come grado saccarometrico che equivale alla quantità di estratto presente nel mosto originale sommato al doppio della gradazione alcolica. La classificazione merceologica della birra, secondo la nostra legislazione, si basa su questo parametro.
Viene infatti definita birra o birra "normale" il prodotto con grado saccarometrico non inferiore a 11°, mentre la denominazione birra "speciale" è attribuita al prodotto con grado saccarometrico compreso tra 13° e 15°; se esso supera i 15° la birra è invece definita ''doppio malto". Al prodotto con grado saccarometrico compreso tra 3° e 8° spetta la denominazione di birra "analcolica".

Valore nutritivo e composizione chimica - Questa millenaria bevanda presenta una composizione chimica piuttosto interessante: oltre all'acqua, componente principale (80-90%), contiene anche alcol (1,7-5,8%), zuccheri (1,2-6,7%) rappresentati principalmente da glucosio, maltosio e destrine, sali minerali (0,15-0,3%), costituiti prevalentemente da fosfati alcalini o alcalino-terrosi, sostanze proteiche, aminoacidi e vitamine in parte prodotte dai lieviti, come vitamina B2 e vitamina PP. Indubbiamente, dal punto di vista dietetico, la birra rappresenta una bevanda migliore del vino, dei liquori e degli aperitivi per il minore tasso alcolico e il maggior contenuto vitaminico e in sali minerali; tuttavia anch'essa rappresenta una fonte energetica non trascurabile: 100 g di birra forniscono infatti da 26 a 60 Kcalorie. Per di più, il particolare sapore amarognolo e il gusto frizzante, associati al minor senso di ebbrezza dovuto al limitato tenore alcolico, ne favoriscono un copioso consumo e inducono spesso ad assunzioni eccessive, sia dal punto di vista dell'apporto calorico sia per l'assunzione di alcol. Il consumo medio annuo prò capite di birra in Germania è quasi doppio rispetto al consumo medio annuo prò capite di vino nel nostro Paese.
Solo se assunta con moderazione, quindi, la birra può rappresentare un'alternativa gradevole al vino o ad altre bevande alcoliche, ma in ogni caso è indispensabile considerare l'apporto energetico di tale bevanda nel calcolo della assunzione calorica globale giornaliera per non incorrere nel rischio di diete ipercaloriche.
Il consumo di birra, in relazione alla particolare composizione chimica, è controindicato in presenza di alcuni stati patologici; il contenuto di zuccheri (glucosio e maltosio) la rende infatti inadatta al diabetico e il discreto tenore in sostanze azotate la sconsiglia a chi soffre di gotta o iperuricemia.

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