Passa ai contenuti principali
Macrolibrarsi

L'olio d'oliva

spremitura olive
La scelta del consumatore va sempre orientata verso gli olii vergini, dalle migliori caratteristiche organolettiche e ricchi di vitamine e di antiossidanti naturali.
L'olio d'oliva si estrae dai frutti dell'olivo, Olea europea, una pianta coltivata da millenni nel bacino del Mediterraneo. Fino all'inizio degli anni '60 la produzione nazionale di olio d'oliva si dimostrò in grado di soddisfare la richie­sta di mercato, ma in seguito un aumento del consumo interno costrinse l'Italia a integrare la produzione con l'importazione da paesi esteri. Il mercato dell'olio d'oliva è un mercato
in crisi. I problemi che si presentano a livello di produzione e di commercializzazione sono molteplici. Sul mercato mondiale la richiesta di olio di semi, a causa dei suoi costi ridotti, si presenta in continua espansione, mentre il costo di produzione dell'olio di oliva è decisamente superiore.
La produzione italiana dell'olio d'oliva - La qualità dell'olio di oliva dipende da molti fattori, tra cui il clima, il terreno, il tipo di pianta, il metodo di raccolta e di lavorazione delle olive. Le regioni italiane che pro­ducono olio di qualità più pregiata sono quelle centro-meridionali. Al nord solo la Liguria offre una produzio­ne di un certo rilievo. La pro­duzione non è costante da un anno all'altro, sia a causa della variabilità delle condizioni climatiche sia per con­dizioni naturali avverse. L'olivo è una pianta a ciclo vegetativo lungo, che inizia a dare i frutti a 10-15 anni, che aumenta la fruttificazione fino ai 35-50 anni e che ha una vita di vari secoli. Per aumentare la produzione i genetisti hanno selezionato varietà più resistenti che producano più frutti con olio di qualità migliore. Inoltre si sono cercati nuovi metodi di coltu­ra, in particolare di raccolta, si è intensificata la lotta antiparassitaria e si è migliorata la tecnica di estrazio­ne dell'olio.
La raccolta delle olive - La raccolta si effettua a media maturazione, per avere meno scarti, in quanto la consistenza del frutto a piena maturazione è assai ridotta e ciò lo rende maggiormen­te soggetto a danneggiamenti durante la raccolta e nel­le fasi che precedono la lavorazione; del resto la quanti­tà d'olio non aumenta sensibilmente con il prolungarsi della maturazione anche se varia notevolmente la sua composizione: nel frutto immaturo sono presenti quan­tità elevate di acidi grassi insaturi, mentre nel frutto a maturazione più avanzata si riscontra anche un au­mento di acidi grassi saturi.
La raccolta dura diversi giorni perché anche nello stes­so oliveto si ha una maturazione graduale delle olive, più precoce in quelle sui rami più esposti, più lenta in quelle più nascoste.
Tecnologia di produzione - Gli oleifici di oggi si presentano molto differenti da quelli antichi, anche se a volte si trovano elementi del passato inseriti in apparecchiature moderne: ad esem­pio le macine di pietra dura che in alcuni oleifici vengo­no usate per frantumare le olive sono azionate da moto­ri e non più dalla forza animale come un tempo. Tra le tecnologie moderne usate per macinare le olive si tro­vano invece i frantumatori a lamine. La pasta di olive ottenuta viene poi lentamente mescolata per facilitare la fuoriuscita dell'olio.
L'olio viene estratto per spremitura a pressione, trami­te torchi a vite nei frantoi più antichi, e torchi idraulici negli impianti moderni. Un tempo si effettuavano fino a tre spremiture con pressioni crescenti, ma oggi si arresta l'estrazione dopo la seconda. Con la prima pressione, la più bassa intorno ai 10-12 kg/cm2, si ottie­ne l'olio più pregiato, anche se con scarsa resa quanti­tativa, con la seconda pressione, più alta, fino a 60 kg/cm2, si completa quantitativamente l'estrazione. Per la raccolta del liquido ottenuto dalla pressione i vecchi recipienti di legno e terracotta sono oggi sosti­tuiti da moderni separatori automatici, il cui funzionamento è basato sulla differente densità dell'olio e del­l'acqua di vegetazione. L'olio ottenuto dalla spremitu­ra per pressione contiene anche acqua e particelle in sospensione che devono essere allontanate. Con queste apparecchiature la separazione tra olio e acqua avviene rapidamente e si riduce il tempo di contatto con l'ac­qua di vegetazione, che, se prolungato, incide sfavore­volmente sulla qualità dell'olio.
Quindi si esegue la decantazione nel "chiaritoio" ove l'olio sosta per circa una settimana. È un ambiente costituito da vasche o serbatoi a fondo rastremato con due scarichi, uno superiore per l'olio limpido, l'altro inferiore per le particelle solide e l'acqua ancora pre­sente. A questo punto si può effettuare l'eliminazione dei componenti che tendono a separarsi per solidifica­zione a bassa temperatura tramite un'operazione detta "demargarizzazione" o "ibernazione", che consiste in un graduale e lento raffreddamento fino a 4°C e nel mantenimento dell'olio a questa temperatura per alme­no 12 ore. L'olio viene quindi filtrato e il prodotto ottenuto viene fatto stagionare nel magazzino a una tempe­ratura tra i 12°C e i 15°C. L'olio appena prodotto, detto fresco, è di sapore e di odore non sempre gradevole, ma con la stagionatura migliora; dopo 3-6 mesi si ha l'olio giovane, commercialmente pregiato; dopo il secondo anno di vita l'olio è vecchio e generalmente deteriorato nelle sue caratteristiche organolettiche. Le acque di vegetazione ottenute sia per centrifugazio­ne sia per sedimentazione vengono raccolte in cisterne di cemento tra loro comunicanti in una parte del locale denominata "inferno". Le minutissime particelle d'olio trattenute per emulsione tendono ad affiorare durante il passaggio tra le varie cisterne, l'olio così recuperato viene raccolto in un recipiente a parte. La poltiglia che sedimenta sul fondo della cisterna, detta "morchia", trattiene anch'essa olio che viene separato mediante riscaldamento e agitazione con acqua. L'olio così otte­nuto, per affioramento e per riscaldamento, costituisce l'olio lampante (così chiamato perché un tempo era usato per l'illuminazione). È un olio molto acido e ran­cido che deve essere sottoposto a rettificazione per ren­derlo commestibile.
Dalla spremitura si ottengono dei residui solidi, detti "sanse" che in media si aggirano sul 40% in peso delle olive lavorate e sono formate dai residui della polpa insieme a noccioli frantumati, detti "bucchiette", con un contenuto in olio del 5%, che può raggiungere il 10% con trattamenti inadeguati. Le sanse si conserva­no nel sansaio, sia fresche sia essiccate. A volte nell'o­leificio si trova anche un impianto di deoliazione delle sanse con solventi, ma in genere è un edificio indipen­dente che prende il nome di sansificio, dove si raccolgo­no e si lavorano le sanse provenienti da vari oleifici. Nei sansifici il recupero dell'olio si ottiene per estrazio­ne con solventi (benzina, esano o trielina). Benzina ed esano sono i migliori, ma richiedono particolari cautele per la facile infiammabilità, la trielina non è infiamma­bile ma ha un potere solvente meno selettivo e scioglie anche numerose impurezze, per cui si richiede una raffi­nazione più efficace. L'olio estratto dalle sanse trattate con solventi viene neutralizzato per abbassare l'acidità che è molto elevata; si ottiene quindi un olio neutro raffinato da cui viene eliminato ogni odore tramite la deodorazione e quindi decolorato con terre attive o carbone. L'olio che si ottiene è l’olio rettificato. La sansa residua può servire da combustibile nello stesso sansificio, mentre la sansa che contiene ancora olio può essere utilizzata anche come mangime in un'opportuna mi­scelazione con cibi poveri di grasso e ricchi di sostanze proteiche.
Caratteri organolettici - Le olive fresche e mature contengono il 40-50% d'acqua, il 15-36% di olio e resi­dui solidi costituiti da glucidi semplici e complessi (glu­cosio, fruttosio, cellulosa, lignina, amido, gomme), aci­di organici (malico, ossalico), proteine, tannini, sali minerali, pigmenti, resine, vitamine (la E soprattutto), cere e altre sostanze.
I caratteri organolettici hanno una grande importanza per l'olio d'oliva destinato all'alimentazione. Un buon olio d'oliva infatti si distingue in base al colore e al sapore.
Ci sono olii con tinta verde piuttosto carica, dovuta alla presenza di abbondante clorofilla, che sono stati prodotti con olive immature; olii di colore giallo-verdino che sono quelli più comuni che troviamo in commercio; olii di un colore giallo paglierino, che si ottengono da olive molto mature oppure per raffinazione o rettificazione. In base al sapore si distinguono olii fruttati, con caratteri organolettici che ricordano quelli della oliva fresca, aroma più o meno pronunciato, sapore amaro­gnolo che può pizzicare in gola e corrispondono generalmente agli olii verdi di pressione; olii dolci, quasi privi di aroma e sapore che non pizzicano in gola e corrispondono agli olii di colore giallo-paglierino e in­colori.
Mentre gli olii fruttati sono di sicuro olii di pressione, vergini almeno in parte, gli olii dolci sono in genere olii raffinati.
Composizione chimica - Per quanto riguarda la com­posizione chimica, l'olio d'oliva risulta costituito prevalentemente da gliceridi degli acidi grassi rappresen­tati da acido oleico che va dal 70-80%, acido linoleico dal 4-12%, acido palmitico dal 7-15%, acido stearico dal 2-6%; talvolta è presente in tracce l'acido miristico. La composizione chimica dell'olio d'oliva di pressione varia notevolmente secondo la provenienza. La quantità di acido oleico contenuto nelle olive cambia in rapporto al clima in cui si sono sviluppate le piante: nei paesi a clima più freddo il contenuto di acido oleico nelle olive è maggiore che in quelle di piante cresciute in paesi a clima più caldo, mentre è minore il contenuto in acido linoleico.
I vari tipi di olio d'oliva - Un parametro molto im­portante per stabilire il tipo d'olio che si vuol consuma­re è l'acidità. Un gliceride è composto dall'unione di glicerina con uno o più acidi grassi. A causa di alcuni fattori (per esempio l'invecchiamento) il gliceride può scindersi nei suoi componenti, acidi grassi e glicerina; l'acido grasso liberato contribuisce all'acidità dell'olio. Un olio giovane ha una acidità bassa (1 %) che aumen­ta nel tempo.
Oltre al 4% di acidità un olio non è più commestibile e non può essere usato per l'alimentazione. L'olio che si ottiene dalle olive sottoposte a torchiatura (pressione) è il cosiddetto "olio vergine". I vari tipi di olio d'oliva vergine si distinguono in quattro categorie commerciali:
  • olio extravergine di oliva; classificazione riservata al­l'olio ottenuto dalla prima pressione che non ha subito manipolazioni chimiche, ma solo lavaggio, sedimenta­zione e filtrazione e non deve presentare acidità supe­riore all'I %;
  • olio sopraffino vergine d'oliva, che deve essere ottenuto come il precedente, ma che deve possedere un'acidità non superiore all'1,5%;
  • olio fino vergine di oliva, ottenuto dalla seconda pres­sione, quindi centrifugato, sottoposto a decantazione, filtrazione e stagionato senza altri trattamenti tecnolo­gici o chimici; non deve presentare un'acidità superiore al 3%;
  • olio vergine di oliva che deve essere ottenuto come il precedente, ma la cui acidità non deve essere superiore al 4%.
Fanno parte degli olii alimentari anche gli olii lampanti (cioè quelli che vengono recuperati dalle acque di lavaggio e sottoposti a trattamenti chimici che abbassano l'acidità e a cui vengono tolti odore e sapore che deter­minerebbero caratteristiche sgradevoli). Si utilizzano anche olii di sansa (trattati con solventi, con acidità controllata, privi di odore, sapore e colore) che costitui­scono gli olii di sansa rettificati.
In commercio si trovano, oltre alle quattro categorie di olii vergini sopra citate, anche altre due categorie mol­to diffuse:
  • l'olio d'oliva che è costituito da una miscela di olio d'oliva vergine con olio d'oliva rettificato e che non deve possedere un'acidità superiore al 2%;
  • l'olio di sansa e d'oliva, ottenuto dalla miscelazione di olio di sansa d'oliva rettificato con olio d'oliva vergine e che deve possedere un'acidità non superiore al 3%. Gli olii d'oliva vergini possiedono caratteristiche orga­nolettiche molto marcate, ma non sempre hanno i re­quisiti necessari per essere accettati dal consumatore; in questo caso si possono effettuare delle correzioni rappresentate dal "taglio" con olii dalle caratteristiche organolettiche diverse.
Valore nutritivo - L'olio è la fonte più concentrata di energia (9 kcal/g).
Di tutte le categorie sopra citate la migliore è quella rappresentata dagli olii vergini, non solo per il sapore e aroma tipici ma anche per la presenza di vitamine e antiossidanti naturali come i tocoferoli. Gli olii appartenenti alle altre categorie (olio di oliva, olio di sansa e di oliva, olii rettificati) sono inferiori dal punto di vista nutrizionale perché, pur mantenendo la funzione ener­getica, in seguito ai trattamenti chimici e tecnologici, hanno perso sia le vitamine sia gli antiossidanti. L'olio estratto dalle olive è ricchissimo di acidi grassi monoinsaturi, soprattutto acido oleico, mentre il conte­nuto di acido linoleico, essenziale per l'organismo uma­no, è moderato.
L'olio d'oliva vergine presenta un'azione benefica sulla cistifellea favorendone la funzionalità. La secrezione di bile che consegue facilita l'emulsionamento dei grassi migliorandone la digestione e l'assor­bimento. Gli antiossidanti presenti rendono questo olio indicato per la cottura che tuttavia provoca la scom­parsa delle vitamine: è quindi soprattutto indicato co­me condimento crudo. L'olio d'oliva va conservato in luogo fresco (temperatura ottimale di 14°C), in un reci­piente di vetro, ma al riparo dalla luce che causerebbe i fenomeni di degradazione che ne aumentano l'acidità. Se mal conservato, un olio extravergine può presentare un'acidità superiore all'1%.
Frodi e sofisticazioni - Nell'olio d'oliva, in tutte le sue specie commerciali, non è consentita l'aggiunta di alcu­na sostanza estranea alla sua composizione. Tuttavia si tratta di un prodotto che si presta a numerosi frodi.
Infatti gli olii d'oliva più pregiati sono l'extravergine e il sopraffino vergine d'oliva, ottenuti dalla prima pressione delle olive. Il loro valore commerciale è netta­mente superiore a quello di tutti gli altri olii commestibili. La disponibilità mondiale di tale olio è assai limitata perché le colture di olivi più pregiate sono circoscritte a zone limitate da circostanze ambientali privilegiate. Di qui la tendenza alla sofisticazione dell'olio di oliva di pressione mediante aggiunta di altri olii di oliva di qualità organolettiche senz'altro inferiori. Altre sofisticazioni comuni sono la colorazione con clo­rofilla di olii di sansa, venduti per vergini, e la miscelazione di olii di oliva con olii di semi. Ma poiché ogni olio di semi presenta una composizione in acidi grassi caratteristica, la miscelazione con olio di oliva vergine cambia la composizione chimica dell'olio che può esse­re identificato come non vergine da analisi chimiche ben precise.

Commenti

Macrolibrarsi

Post popolari in questo blog

Tempi di digestione

  Quanto tempo ci vuole per digerire ? Questa tabella riassume la durata media di permanenza degli alimenti nello stomaco una volta ingeriti.

Dado vegetale ed estratto di carne

Dadi ed estratti di carne sono prodotti di scarso valore alimentare che hanno il solo scopo di ravvivare il sapore delle vivande. L'idea di utilizzare gli estratti di carne venne al chimico belga Justus Von Liebig nel secolo scorso, che ritenne in tal modo di risolvere il problema della conservazione del brodo, concentrando i principi nutritivi contenuti nella carne. Lo sviluppo industriale che si ebbe in seguito alla scoperta di Liebig fu anche favorito dalla grande disponibilità di carne dell'Argentina e dai problemi connessi agli scambi e al trasporto delle carni. Gli stabilimenti per la preparazione degli estratti di carne sorsero nell'America Meridionale dove la carne utilizzata per la trasformazione aveva un prezzo bassissimo dato che la maggior parte dei bovini veniva impiegata quasi esclusivamente per ricavarne pellame. Col tempo la situazione si è modificata, in seguito alla rapidità dei trasporti e allo sviluppo dei moderni mezzi di conservazione, per refri

il lavoro faticoso e pesante

Il lavoro muscolare pesante implica tutta una serie di rischi legati alla stessa fatica che può ritardare la capacità di reazione. Diversamente dal «lavoro a tavolino», un tipo di lavoro, cioè, leggero, intellettuale, «nervoso», legato quindi più all'attenzione e alla responsabilità che non piuttosto allo sforzo muscolare, oggi parliamo del lavoro considerato tradizionalmente, nel quale lo sforzo fisico occupa un posto prevalente. Questo tipo di lavoro interessa tutto l'organismo, giacché costringe qualsiasi organo o parte dell'organismo a intervenire. Essenzialmente è impegnato il sistema locomotore, ossia la struttura muscolare e ossea responsabile del movimento e capace di fornire l'energia indispensabile per compiere gli sforzi necessari all'esecuzione del lavoro.